Guardo mia figlia e mi rendo conto di quanto sia importante educare alla diversità, intendendola a 360°. Da quando è nata, infatti, è a contatto con coetanei di tutte le nazionalità.
Abitiamo in una piazza piena di bambini e con un bel parco giochi al centro e lì si incontrano da marzo a ottobre bimbi che arrivano praticamente da tutto il mondo (ci manca l’Australia in effetti :-D ).
Una delle migliori amiche di Ida è di origini cambogiane e un momento molto triste è stato quando un’altra compagna di giochi è tornata in Tunisia con i genitori. Loro si vedevano già in banco assieme alla scuola primaria.
A volte la convivenza non è semplice: culture diverse, abitudini diverse, religioni diverse non sono sempre facili da spiegare, ma ci si riesce.
E arricchiscono.
Essere diversi uni dagli altri ci apre la mente e ci permette di sviluppare empatia nei confronti di chi vive e pensa in modo diverso dal nostro.
Questo non significa rinunciare ai propri valori o ai propri principi ma imparare a rispettare anche quelli degli altri e difendendo rispettosamente quelli che riteniamo fondamentali.
Anche perché educare alla diversità non significa solo trattare i temi della convivenza razziale, ma anche quelli più generali del rispetto per l’altro, per le sue idee e il suo diritto di esprimerle.
Spesso ci riempiamo la bocca, anche davanti ai nostri figli, della parola democrazia, ma quanto siamo disposti a difendere i principi che rappresenta? Quante volte abbiamo sognato che chi la pensa diversamente da noi si ritrovasse senza il diritto di aprire bocca per esprimere le sue idee?
Siamo onesti: capita a tutti.
Ed è in queste cose che i figli ci sfidano, ci mettono alla prova: nelle nostre incoerenze, nella nostra capacità di mantenere fede ai nostri stessi insegnamenti.
Educare alla differenza non è solo un atto di civile accoglienza verso chi arriva nel nostro Paese cercando qualcosa di meglio di quello che ha lasciato, è soprattutto un gesto di educazione alla convivenza civile con chiunque sia diverso da noi.
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari,
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei,
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.Bertolt Brecht