E’ con piacere che oggi ospitiamo il post dell’autrice Elisabetta Bellotti di La Bionda Prof ed autrice de Il manuale del perfetto marito.
Quando nasce un figlio nasce anche una mamma. Ma non tutte le storie sono uguali.
In gravidanza, sentivo altre mamme raccontare del magico momento della nascita: a parte qualche resoconto splatter, ore e ore di travaglio e padri svenuti in sala parto, quasi tutti erano narrati con aria sognante e occhi a cuoricino. “Quando la terrai in braccio, capirai…” “Quando me l’ hanno messo in braccio era come se lo conoscessi da sempre”. Insomma, gioia assoluta, sorrisi e bacetti, nuvolette rosa o azzurre, e amore a prima vista.
La mia storia, anzi, la nostra storia, è stata diversa. Nonostante una gravidanza serena, mia figlia è nata in forte anticipo rispetto alla data presunta del parto: è entrata nella mia vita come un tornado, e come un tornado ha spazzato via tante certezze. Non ho potuto abbracciarla subito, né darle il mio latte dai primi giorni; non ho potuto respirare il suo odore e riconoscerla come mia figlia per molti giorni.
L’incubatrice, il Reparto di cure intensive, i tubi, le macchinette infernali che suonavano incessantemente. Essere mamma e non sentirsi al 100% mamma. Vedere la sofferenza negli occhi delle persone care e pensare che, nonostante tutto, nessuno può capirti davvero. Perché tu, e solo tu, sei la mamma. E il papà? Deve essere forte per due, e chissà cosa passa nella sua testa quando va al lavoro come sempre, segue i suoi impegni come sempre, ma ogni sera viene con te a guardare un esserino così piccolo che sembra poter volare via da un momento all’altro.
Poi il tempo passa, la bambina può uscire dall’ospedale: sta bene. Ed è un dono immenso: vivace, sana, bella. A casa tutto acquista un sapore nuovo, e una semplice uscita con il passeggino sembra una conquista. Il tempo vola: le prime pappe, vederla camminare. Però, nelle sere di pioggia, la mamma pensa ancora a quel reparto, a tutti quegli esserini attaccati alle macchine che suonano, e si illuminano. E a tanti genitori che non possono abbracciare i loro piccoli. Non ancora.
Così, quella mamma scrive, di vita familiare, di mariti e di mogli. In tono umoristico, perché la vita in famiglia è il gioco più bello. Poi decide di raccogliere in un libro tutti i suoi appunti; li rilegge mille volte, li corregge. Apre un blog. Poi trova un editore; decide allora di devolvere i propri diritti d’autore al Reparto di Patologia Neonatale dell’Ospedale di Bergamo. Il libro viene pubblicato nel giugno 2012 e piace. Rimane per due mesi nei best sellers di Amazon e, in pochi mesi, raggiunge le 1500 copie.
A volte la vita è rosa, come la copertina del mio libro.
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