Nel mercato del lavoro attuale ci sono numerosi elementi che contribuiscono a creare sfiducia in una donna che cerca lavoro, o che si sta ricollocando a seguito di una maternità:
- la crescente disoccupazione
- il cambiamento dei contratti di lavoro e delle retribuzioni
- la distanza tra il mondo del lavoro e il mondo famigliare (con ancora troppe poche aziende in Italia che concedono condizioni “concilianti” ai genitori ed in particolare alle mamme lavoratrici)
- la richiesta da parte delle aziende di persone motivate e disponibili
- la molta concorrenza di persone che sono “alla ricerca”
oltre a tutti gli elementi locali (il costo degli asili, la mancanza di strutture assistenziali…) e alla diminuzione degli aiuti provinciali e regionali alle famiglie.
Sarebbero, infatti, secondo queste stime ISTAT appena pubblicate, tre milioni le persone che in Italia sono attualmente denonimate “sfiduciate”, cioè coloro che hanno smesso di cercare lavoro perché frustrate e avvilite dalla situazione del mercato professionale italiano.
Se a questo si aggiunge poi il fatto che il nostro Paese presenta il più basso tasso di occupazione femminile tra i maggiori paesi europei (secondo Eurostat) la situazione in Italia appare sicuramente preoccupante e la sfiducia delle donne giustificata.
Come è possibile conciliare queste già numerose difficoltà con quella relativa al tema della coesistenza dei tempi di vita e di lavoro che assilla le donne italiane, spesso costrette da altri o da scelte famigliare a lasciare il lavoro a seguito di una maternità?
Sicuramente esercitandosi attivamente per affinare le proprie competenze “spendibili” sul mercato lavorativo ed accrescendo il proprio livello di motivazione nella ricerca. Azioni sicuramente difficoltose, viste le premesse, ma fondamentali nella ricerca di una collocazione professionale.
Potrei scrivere un romanzo su questo argomento…un romanzo dal finale amaro… Alla fine del periodo di allattamento, ho chiesto al mio datore di lavoro (studio legale) di poter avere un orario part time (anche a 6 ore) per poter crescere mia figlia. Mi è stato risposto no: “non è nella policy dello Studio dare part time”. Ho chiesto allora di poter fare un full time (8 ore + 1 h di pausa pranzo) entrando presto, alle ore 8.30 ed uscendo alle 16.30 così da poter stare a casa alle 17.30 (lavoro in centro ed abito in periferia, ossia 50 minuti di trasporto) e stare un po’ con mia figlia. MI è stato risposto no: “quest’orario non serve a nessun professionista”. Alla fine mi sono dovuta “accontentare” di fare 8 ore dalle 9.00 alle 17.30, con 30 minuti di pausa pranzo. E li devo anche ringraziare!!! Perchè l’alternativa erano le dimissioni.
Sto cercando lavoro part time ma il mercato è fermo. Bloccato, Inesistente. Figuriamoci poi i part time che ormai sono solo per le “categorie protette” perchè altrimenti costano troppo alle aziende.
Così, mia figlia la vedo uscire di casa con il padre per andare al nido alle 7.15 e la rivedo alle 18.30 di sera quando rientro dal lavoro, sto con lei, 3 ore al massimo perchè poi andiamo tutti a nanna…
Più che conciliare la vita professionale con quella familiare, io devo conciliare la mia vita professionale con i sensi di colpa di non essere presente con mia figlia! Che angoscia!
Uh i sensi di colpa!
“Queste mamme che si prendono i permessi per portare i figli dal pediatra invece di lavorare!” è il commento standard di un mio collega non sposato.
Però solo con noi donne. Con l’unico papà del team non li fa.
Ma Silvia ha ragione: dobbiamo essere ancora più motivate, ancora di più dobbiamo affinare le nostre competenze e tessere una rete che ci aiuti a cambiare.
Resta con noi Chiara: lo faremo assieme questo percorso.
Credo che la sfiducia sia un atteggiamento molto diffuso, soprattutto fra le donne lavoratrici o “non-lavoratrici per forza”, proprio perchè a tutte le problematiche del mercato del lavoro si aggiunge il fatto che ci si trova spesso a scontrarsi con comportamenti iniqui e a volte scorretti di colleghi e superiori.